Ue stufa di ricatti e guerre commerciali da Cina e Usa: nuove regole per rispondere ai dazi
Arrivano le misure per contrastare anche la semplice minaccia di tasse o chiusure di mercato. Dal precedente di Trump alla ritorsione cinese contro la Lituania: ecco perché oggi l’Europa non reagisce
Se vuoi la pace, prepara la guerra. La Commissione europea ha presentato le nuove ‘armi’ per difendersi dai dazi e dalle ritorsioni di mercato applicate dai Paesi terzi, cioè quelli che non fanno parte dell’Ue, per danneggiare o minacciare un governo europeo per ragioni politiche. La cronaca degli ultimi giorni ha fornito un esempio di una ‘vendetta’ commerciale di questo tipo di fronte alla quale Bruxelles non ha potuto fare altro che stare a guardare. La Cina ha infatti chiuso il suo mercato alle merci provenienti dalla Lituania dopo che il Paese membro ha consentito l’apertura nel suo territorio dell’ufficio di rappresentanza di Taiwan, l'isola che reclama l'indipendenza dalla Cina e sulla quale Pechino non perde occasione di riaffermare la propria sovranità.
Con le regole attualmente in vigore, Bruxelles ha sostanzialmente le mani legate. Le contese di questo tipo vengono infatti trattate come questioni di politica estera. Ciò significa che per applicare contro-sanzioni a Pechino sarebbe necessario l’ok di tutti e ventisette i governi nazionali. Di fronte all’incapacità di trovare una linea comune di fronte a tali ritorsioni, la Commissione ha scelto di cambiare approccio. Con il regolamento proposto oggi, l'Ue potrà reagire senza dover attendere l'unanimità degli Stati membri usando le ‘armi’ di politica commerciale: dall'imposizione di dazi alla restrizione delle importazioni dal Paese in questione, dalle restrizioni sui servizi o sugli investimenti a misure per limitare l'accesso al mercato interno dell’Ue.
Uno strumento anti-ricatto che “potrebbe essere utilizzato come nei casi delle restrizioni commerciali che sono in corso da parte della Cina nei confronti della Lituania a causa delle scelte politiche adottate da quest’ultima”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis nella conferenza stampa di presentazione del provvedimento. Oltre alla contesa tra Cina e Lituania, negli ultimi anni si sono verificate altre occasioni nelle quali le armi spuntate dell’Unione europea non sono servite a proteggere i suoi Stati membri. Nell’estate del 2019, ad esempio, l’allora presidente Usa Donald Trump minacciò di introdurre dazi contro il vino francese qualora il governo di Emmanuel Macron avesse approvato un’imposta sulle imprese digitali che sarebbe andata a colpire anche i giganti statunitensi del web, da Google a Facebook. All’epoca bastò un tweet di Trump ‘convincere’ Macron a mettere nel cassetto la web tax.
Tale episodio spiega perché la definizione Ue di ricatto da un Paese terzo, citato nei documenti come “coercizione economica”, includa tutte le situazioni in cui un Paese terzo cerca di esercitare pressioni sull'Unione o su uno Stato membro affinché compia una determinata scelta “applicando o minacciando di applicare misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti”. Tali pratiche interferiscono indebitamente con lo spazio politico legittimo dell'Ue e dei suoi Stati membri e minano l'autonomia strategica aperta dell’Ue, si legge nel documento. In altre parole, Bruxelles oggi si è impegnata a proteggere gli Stati non solo dalle guerre commerciali intese come introduzioni di dazi, ma anche dalla semplice minaccia di ritorsioni in risposta alle legittime decisioni politiche degli Stati membri.
Nessun commento