Charlize Theron oltre la bellezza.
Charlize Theron apprezza i gentiluomini alla Lindbergh, le persone che fanno cose (leggi, la mamma), gli album da colorare. E i profumi indimenticabili
La classe non è acqua
SI DICE che persino le storie migliori, prima o poi, finiscano. Alcune eccezioni avvalorano la fondatezza del sentire comune. Ne ho un’ esperienza diretta: intervistare Charlize Theron, in occasione del lancio della versione ultima nata di J’adore, di cui è volto ufficiale dal 2004, ha confermato che le liaison felici, a volte, non hanno fine. Lei: aspirante ballerina, ex modella, attrice da Oscar (per l’ interpretazione di Aileen Wuornos in Monster ). Lui: il femminile di maggior successo chez Dior, creato da Calice Becker nel 1999, arricchito da una linea bagno e oggetto di cinque riscritture olfattive. Ebbene, l’ultima performance (solo in ordine cronologico) li vede ancora insieme. Davanti all’obiettivo di Jean-Baptiste Mondino, la star sudafricana stringe a sé Parfum d’eau: la silhouette del flacone è la stessa, ma il vetro ha rinunciato alla consueta trasparenza per vestire un tono di bianco opalescente e raccontare, già a colpo d’occhio, la “rivoluzione” del jus. Che è un’eau de parfum altamente concentrata, eppure priva di alcol e solubilizzanti chimici. Sviluppata dal parfumeur François Demachy, ha richiesto un processo inedito già tradotto in brevetto. A fronte di tanta innovazione, l’égérie, come ribadito, non cambia. O forse, a ben vedere, cambia ancora una volta, rimanendo la stessa. Charlize resta il punto fermo, benché in perenne movimento, interprete di campagne evocative quanto pellicole cinematografiche: dietro la macchina da presa del regista Jean-Jacques Annaud, del fotografo Peter Lindbergh, del designer John Galliano, per non fare che qualche esempio, l’abbiamo vista, di volta in volta, vestita di seta color champagne, immersa in una vasca colma d’oro liquido, spogliata di abiti e gioielli, seguita nel deserto, scortata a Versailles, fatta avanzare sotto lo sguardo ammirato (e rimasterizzato) di Grace Kelly, Marlene Dietrich, Ava Gardner, Marilyn Monroe. Fino ad arrivare all’immagine “nuda” di oggi.
A tu per tu con Charlize Theron: Mi ispira chi non si scusa per chi e come è”
Pubblicitariamente parlando, Dior le ha regalato più vite di quante ne conti un gatto. Che effetto le fa?
È vero: ogni campagna ha aperto a un mondo inesplorato, inedito. Il bello, a mio avviso, è che ognuna ha saputo raccontare la società per com’era in quel momento, aggiungendovi, però, una dimensione onirica. Ed è stato stimolante rappresentare la donna J’adore a suo agio in ogni contesto.
Foto, video di backstage, spot: sfogliando un immaginifico album dei ricordi, la si vede “crescere” al fianco della Maison. Come si è evoluto il vostro rapporto, negli anni?
È un onore fare parte del team da così tanto tempo. Siamo diventati una famiglia: le persone incontrate lungo il percorso hanno arricchito la mia vita a livello sia umano, sia professionale. D’altro canto, ho avuto modo di lavorare con i migliori registi, fotografi, designer. E questo ha avuto un profondo impatto sulla mia formazione di attrice.
Avrà infiniti aneddoti legati a shooting e set fotografici. Ce n’è uno che le sta particolarmente a cuore?
Tra i tanti, mi è caro un episodio legato a Peter Lindbergh (scomparso nel 2019, n.d.r. ). Un grandissimo professionista e un vero gentiluomo. Sul set abbiamo riso molto, eravamo in perfetta sintonia. Un altro piacevole ricordo è legato alla collaborazione tra Dior e la mia fondazione, la CTAOP-Charlize Theron Africa Outreach Project, sfociata nella campagna Chin Up, a sostegno di donne comuni, non famose, e tutte eccezionali.
Esempi di straordinaria normalità: è la definizione che darebbe della femme J’adore?
In un certo senso sì. Immagino una figura femminile forte, elegante, consapevole di quel che vuole e disposta a mettersi in gioco per ottenerlo. Mi ci ritrovo: gran parte della mia vita l’ho vissuta così.
Altri aspetti in comune?
Condivido il sentimento di sorellanza, parte dello storytelling del jus. Quando le donne si uniscono e si supportano l’un l’altra, diventano più forti. Lo dico per esperienza: la mia è una vera e propria tribù femminile. Siamo le nostre più grandi sostenitrici.
Per questo, immagino, ha creato la sua fondazione. Negli anni ha affrontato cause importanti: i diritti femminili, i matrimoni gay, la lotta all ‘Aids, la discriminazione razziale. Che cosa la guida nella scelta dei temi per cui spendersi?
Uno dei primi ricordi di bambina mi vede in auto, mia madre al volante, mentre accompagniamo i suoi dipendenti in ospedale. L’Aids stava diffondendosi velocemente in Sudafrica. Non ho mai dimenticato l’empatia e l’attenzione con cui mia madre trattava quelle persone. Quando se n’è presentata l’occasione, ho capito che era arrivato il mio turno di incoraggiare il cambiamento.
Oltre alla generosità di sua madre, che cos’altro la ispira?
Le persone che non si scusano per chi e come sono. Che affermano se stesse senza curarsi del giudizio altrui. È la mia definizione di libertà e uno dei valori che condivido con la Maison Dior. È un brand schierato dalla parte delle donne, da sempre. Le incoraggia ad avere fiducia, esattamente come cerco di fare io, tutti i giorni.
Autostima, coraggio: indossare la fragranza “giusta” aiuta ?
Direi di sì: penso che entrare in una stanza con la consapevolezza di profumare al nostro meglio infonda una certa fiducia. Peraltro, ho imparato che l’olfatto è il senso più strettamente connesso alla memoria. Un’eau indimenticabile, quindi, è la migliore traccia che possiamo lasciare, specie a un primo incontro.
Tutto sta nello stabilire che cosa rende un profumo indimenticabile.
Dovrebbe essere abbastanza intenso da farsi notare e abbastanza delicato da poter essere goduto a lungo.
Ci parli di Parfum d ‘eau: che impressione le ha fatto al primo push?
Ne ho apprezzato la leggerezza, la componente floreale, l’aura confortante. Sulla pelle si avverte una freschezza inusuale data della formula, che ha sostituito l’alcol con l’acqua.
Jus nuovo, flacone nuovo. O quasi.
Trovo che la bottiglia di J ‘adore sia molto elegante. Quest’ultima, poi, lo è in modo particolare. Sarà il colore, sarà che il vetro esprime un’inedita consistenza vellutata. Quel che resta, ovviamente, è l’iconica collana, da sempre il tocco design che preferisco.
A proposito di collane: l’immagine che accompagna il lancio della fragranza la mostra vestita solo di un collier creato da Maria Grazia Chiuri, couturier della Maison. Le piace il suo stile?
Molto. Le sue creazioni riescono a essere moderne e atemporali insieme. Un compromesso difficile da trovare.
In Parfum d ‘eau batte un cuore floreale. Lei, Charlize, ha un fiore preferito?
Li amo tutti e chi è venuto a trovarmi lo sa! Ne ho dappertutto: dentro casa, in giardino. Mi trasmettono felicità e adoro regalarli ad amici e parenti.
Avrà notato che il mondo cosmetico prova a rispondere all ‘emergenza climatica: riducendo il proprio impatto ambientale, incoraggiando, per esempio, il riciclo dei packaging. È una causa che le sta a cuore?
Assolutamente sì: è un problema che prendo molto sul serio e che, penso, dovrebbe coinvolgere tutti. Nel mio piccolo, ho adottato alcuni accorgimenti quotidiani: cerco di ridurre il consumo di plastica e di rifiuti, di ottimizzare il compostaggio degli avanzi. Ho due figli e vorrei lasciare loro un pianeta in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato.
Che cosa fa, invece, per staccare la spina: ha hobby particolari?
Coloro in base ai numeri: è terapeutico (si tratta di colorare un’immagine stampata e divisa in zone numerate, a ogni cifra corrisponde una tinta, ndr).
A giudicare dalle pellicole in uscita che la vedono protagonista, il tempo libero a sua disposizione non sembra però molto. Ci descrive i progetti più recenti?
Ho finito di girare The Old Guard 2 (il primo capitolo, trasmesso nel 2020 da Netflix, vede protagonista un drappello di mercenari dotati del potere di guarire da qualunque ferita, ndr). E sono protagonista, assieme a Kerry Washington, di L’Accademia del bene e del male , in uscita su Netflix a breve.
La sua carriera è esemplare: ha recitato per cinema e TV, ricevuto riconoscimenti, ha vinto un Oscar. Ci sarà stato un momento che le ha fatto esclamare J’adore!
Un momento no. I miei figli… sì.
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