Amici...meglio quelli dell'infanzia.
Perché in età adulta facciamo più fatica a farci nuovi amici
Occorrono tempo e pazienza: meglio tenersi stretti quelli dell’infanzia.
Ci sono momenti della vita in cui è particolarmente importante poter contare su una solida rete di amici.
La pandemia ne è stata una prova lampante: lo rivelano numerosi studi condotti nell’ultimo periodo proprio per misurare il disagio sociale legato al periodo di lockdown e ai segni che ha lasciato su larghi strati della popolazione mondiale. Gli amici sono indispensabili alla nostra
felicità
e al nostrobenessere
eppure, stringerenuove amicizie
inetà adulta
non è affatto facile: lamancanza di tempo
è una delle ragioni principali di questa difficoltà, ma non è l’unica: servono ancheesperienze condivise
.IL FATTORE TEMPO
– I legami più solidi, che i più fortunati riescono a conservare dai tempi della scuola, nascono in gioventù o addirittura nel periodo dell’infanzia.
Perché? Il fattore tempo sembra avere un ruolo determinante: secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Social and Personal Relationships occorrono almeno 50 ore di assidua frequentazione per stringere un legame che, da conoscenza superficiale, cominci a trasformarsi in un legame appena più saldo; per costruire una vera amicizia ne occorrono invece almeno duecento. Se in tempi di scuola, o almeno di università, abbiamo tutte le opportunità ditrascorrere tanto tempo
con i nostri compagni e quindi di rinsaldare il legame, inetà adulta
il fattore tempo diventa cruciale. In più, con il passare degli anni, diventiamo più diffidenti nei confronti dei nostri simili: siamo più restii a condividere i nostri intimi pensieri e temiamo di essere ingannati o giudicati. In questo modo è più complicato raggiungere la fiducia e la confidenza su cui si basa lavera amicizia.
L’IMPORTANZA DI PIACERSI –
Anche per far nascere un’amicizia serve che scocchi una scintilla. Occorre dunque piacersi in qualche modo, anche se questa sorte di “attrazione” non ha nulla a che fare con quella amorosa o addirittura sessuale, ma è legata comunque alla produzione diossitocina
, l’ormone dell’affetto. Questo neurotrasmettitore riduce lo stress e la paura, e migliora la capacità di comprendere i sentimenti dell’interlocutore. Non a caso l'ossitocina viene prodotta in presenza di gesti di affetto, come le carezze e gli abbracci. In questo modo, i veri amici sono in grado di sviluppare maggiore empatia e quindi di percepire come si senta l’altro.
AVERE FAME DI AMICI –
Quando ci sentiamo soli e non troviamo il supporto dei nostri affetti, il nostro cervello invia stimoli simili e quelli della fame. Uno studio, realizzato dal Dipartimento di scienze cognitive del MIT e pubblicato su Nature Neuroscience, ha scoperto che lo stimolo dellafame
e il bisogno di socialità attivano aree limitrofe del cervello e anzi hanno in comune una serie di circuiti neuronali. La solitudine, proprio come l’appetito, è uno stimolo che ci spinge ad attivare alcuni comportamenti in grado di procurarci la soddisfazione di cui avvertiamo il bisogno: nel primo caso si tratta di cibo, nel secondo di compagnia e affetto. La socialità è dunque un bisogno primario, capace di attivare la ricerca di socialità proprio come la fame ci spinge in cerca di nutrimento.
L’AMICIZIA CI RENDE FELICI E ANCHE PIÙ SANI
– Numerosi studi condotti negli scorsi anni hanno confermato un’esperienza comune: avere una solida rete amicale è una fonte importante di benessere e di felicità. Godere del supporto sociale offerto da amici e familiari è un fattore determinante per la salute psicofisica di un individuo: migliora l'umore,abbassa i livelli di stress
, incoraggia a condurre una vita sana. Ne consegue una migliore salute del cuore e in genere di tutto l’organismo, con effetti positivi addirittura superiori a quelli che si ottengono con l’esercizio fisico. Chi vive in una situazione di isolamento, invece, ha più probabilità di sviluppare una malattia cronica o una patologia mentale, e va più facilmente incontro a un indebolimento del sistema immunitario.
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